L’UTILIZZO IN AMBIENTI CHIUSI DEI COMPRESSORI IN RELAZIONE AL CARICO DI INCENDIO
Recentemente, abbiamo affrontato un caso di grande interesse pratico nell’ambito della prevenzione incendi: nello specifico, il committente di un’azienda, che svolge attività soggette al DPR 151/2011, in fase di redazione del progetto, ci ha espresso la necessità, per fini produttivi, di dover utilizzare un compressore da 200 l all’interno del reparto di produzione, senza che questi venisse compartimentato. Il problema sorto, in termini di sicurezza e, specificatamente, di rischio incendio, è il seguente: in genere viene dedicato un locale a parte ai compressori, poiché questi non sono pensati per l’utilizzo in ambienti a rischio incendio, visto che, laddove questo evento si verificasse, la temperatura dell’ambiente salirebbe, e con essa la pressione del gas contenuto all’interno del compressore: ciò porterebbe a delle sollecitazioni meccaniche ecccessive sul mantello del compressore (Va anche tenuto conto del peggioramento della resistenza meccanica dei materiali comuni con l’aumento della temperatura), fino a che questo non arrivi a scoppiare.
Un compressore di questo tipo, dunque, è in genere non compatibile con l’utilizzo in ambienti caratterizzati da un certo livello di rischio incendio. E infatti, anche sul manuale di uso e manutenzione del compressore stesso, è specificato come la configurazione standard dell’attrezzatura non può lavorare in locali a rischio incendio e/o esplosione.
Tuttavia, il committente del progetto ha insistito affinché si trovasse una soluzione che permettesse di utilizzare il compressore all’interno.
Il nostro modus operandi si è concentrato su quale fosse il fattore di rischio presente nella configurazione desiderata dal committente: si è già illustrato come un compressore utilizzato in un ambiente chiuso a rischio incendio comporti la presenza del rischio di scoppio.
Lo scoppio, però, è in realtà causato da un fenomeno ben preciso, vale a dire l’aumento di pressione del gas contenuto nel compressore a seguito dell’aumento di temperatura che normalmente si accompagna ad un incendio: ciò sta a significare che era necessario prendere una misura di prevenzione che andasse a mitigare uno di questi fenomeni.
In particolare, la nostra scelta è ricaduta su un disco di rottura a pressione: questo elemento è progettato per rompersi, come facilmente intuibile, una volta raggiunta una certa pressione di progetto, permettendo così al gas contenuto nel compressore di scaricarsi, prima di raggiungere valori critici della pressione interna, che potrebbero portare appunto allo scoppio del mantello.
È bene sottolineare come tale proposta sia stata discussa anche col fabbricante del compressore, in modo in primis da potersi confrontare sulla soluzione in sé, e successivamente per progettare il disco di rottura e, a seguito, installarlo. Questa prassi deve essere seguita ogni qual volta si vadano ad effettuare interventi di questo tipo su un’attrezzatura marcata CE, poiché se così non fosse non solo la marcatura precedente decadrebbe, ma sarebbe necessario procedere alla ricertificazione dell’attrezzatura sotto la propria responsabilità.
Col disco a rottura installato, il compressore, in caso di incendio, andrebbe a sfogare la pressione in eccesso prima di arrivare a valori di tensione critici sul proprio mantello, prevenendo così il rischio di scoppio dello stesso.
Una soluzione tecnicamente non complessa, specie grazie alla coordinazione fra i diversi soggetti dietro la sua progettazione (Tecnico antincendio, fabbricante e committente), economicamente più conveniente di una nuova compartimentazione, e soprattutto in grado di soddisfare le specifiche esigenze del committente senza inficiare sulla sicurezza.